Il furto e la rapina sono due delitti contro il patrimonio: vediamo insieme in cosa sono simili e in cosa differiscono.
I delitti contro il patrimonio
Il Codice penale è strutturato in modo tale da raggruppare le tipologie di reati (che a loro volta si distinguono in delitti e contravvenzioni) a seconda del bene giuridico tutelato, ovvero l’oggetto che il diritto penale vuole proteggere dall’azione criminosa, del Reo.
Per esempio nel caso del reato di lesione personale l’oggetto in questione è la persona mentre nel caso dei delitti contro il patrimonio è la sua posizione economica, ossia del suo patrimonio.
Il furto e la rapina fanno così parte dei reati contro il patrimonio, insieme a:
- la truffa;
- l’estorsione;
- il sequestro di persona a scopo di estorsione;
- il danneggiamento;
- l’usura;
- la ricettazione;
- il riciclaggio.
Ognuno di questi reati danneggia il patrimonio altrui (inteso come bene funzionale alla conservazione, sviluppo e autonomia della persona) con l’obiettivo di arrivare a un arricchimento a danno della vittima.
Per quando riguarda il furto e la rapina, il colpevole per trarne profitto sottrae la cosa mobile altrui, ovvero qualsiasi entità che possa essere sottratta ed essere trasportata da un luogo a un altro, entrando completamente nella sua disponibilità.
Tuttavia rientrano in questa categoria anche i beni immobili che non si possono trasportare, ma potenzialmente oggetto di appropriazione, nonché ogni energia (come quella elettrica) che abbia un valore economico.
Inoltre si tratta di reati comuni in quanto crimini che possono essere commessi da chiunque, senza la necessità di rivestire qualche qualità particolare.
Tuttavia, nonostante abbiano alcuni tratti in comune, avvengono con modalità diverse: per esempio, alcuni vengono commessi mediante violenza sulle cose (il furto), altri mediante violenza alle persone (la rapina e l’estorsione) e altri mediante artifici o raggiri (la truffa).
Dunque la prima differenza sostanziale tra le due tipologie sta nella violenza: a differenza del furto, la rapina implica infatti l’elemento della violenza.
La condotta del delitto
Il delitto di furto, definito dall’art. 624, è il reato commesso da chi sottrae una cosa mobile a chi la possiede, con lo scopo di trarne un profitto, senza usare violenza.
Un esempio può essere il furto al supermercato oppure il furto d’auto.
Secondo l’art. 628, invece, il delitto di rapina è commesso da chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la possiede mediante violenza alla persona oppure minaccia.
È infatti un reato complesso in quanto unisce in sé due reati (il delitto di furto e quello di violenza privata).
Un esempio può essere costituito dal soggetto che minaccia con una pistola la vittima, costringendola a consegnargli il portafoglio o il cellulare.
La norma inoltre distingue due diverse tipologie di rapina in base a quando e come viene utilizzata la violenza:
- rapina propria, in cui la sottrazione si realizza per mezzo della violenza o della minaccia;
- rapina impropria, in cui dopo la sottrazione viene utilizzata la violenza o la minaccia, per poter assicurare il profitto sull’oggetto sottratto oppure l’impunità dal reato appena commesso.
Perciò l’autore del delitto di rapina va a compromettere e minacciare anche l’incolumità personale della vittima e non solo il suo patrimonio.
Il profitto
Un’altra differenza tra furto e rapina riguarda il profitto: per il primo è sufficiente il fine del profitto, mentre per la seconda è necessario che il fine sia quello dell’ingiusto profitto, ossia non dovuto secondo la legge.
La pena
Entrambi i reati differiscono, inoltre, per la pena.
La pena base per il furto è la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 154 a 516 euro.
La sanzione base prevista per la rapina, invece, è superiore: la reclusione è da tre a dieci anni, mentre la multa da 516 a 2.065 euro.
Ciò ribadisce la maggiore gravità della rapina, che si coglie anche dalla procedibilità.
La procedibilità
Il furto è procedibile solo a querela di parte, ovvero è necessaria una querela da parte della persona offesa, tranne nel caso in cui siano presenti le aggravanti di cui all’art. 625 c.p..
In altre parole, per far avviare le indagini penali e quindi il procedimento penale, la vittima deve espressamente richiedere l’inizio del procedimento penale, presentando dunque una querela alla competente Autorità.
Ciò non avviene per la rapina: essendo un reato più grave, si procede d’ufficio, senza alcuna richiesta da parte della persona offesa.
Nei reati procedibili d’ufficio, appresa la notizia da parte dell’autorità giudiziaria, si deve infatti procedere con l’indagine penale.
Avv. Ignazio Ballai