Quando si parla di responsabilità civile e penale del chirurgo è importante ricordare che in un passato non troppo remoto il giudice non poteva interferire, salvo il caso di errori medici manifesti e grossolani.
Ovviamente, è intuibile quanto un simile atteggiamento rendesse difficile per il paziente, spesso parte debole del rapporto medico-paziente, allegare e dimostrare in giudizio la colpa del sanitario.
I dati raccolti negli anni hanno così consentito di elaborare regole e principi in merito alla responsabilità del medico in generale, e del chirurgo in particolare.
Allo stesso modo, però, l’accertamento del nesso di causalità resta uno degli elementi più tormentati: da un lato, infatti, il chirurgo opera su un quadro clinico già compromesso, mentre dall’altro lato la malattia è spesso un fenomeno che riguarda più fattori.
Scopriamo allora qualcosa di più sulla responsabilità civile e penale del chirurgo.
Responsabilità civile del chirurgo
La colpa civile consiste nel tenere una condotta diversa da quella che, per legge o per comune prudenza, si sarebbe dovuta tenere. In particolare, è in colpa chi non ha tenuto una condotta diligente, cioè che comporta il rispetto di tutte le regole e impone al medico non solo la corretta esecuzione della prestazione sanitaria, ma anche quella delle attività accessorie (come l’obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato anche nella fase post-operatoria).
La responsabilità civile del chirurgo si compone perciò di tre elementi:
- una condotta colposa;
- un danno ingiusto (cioè lesivo di un interesse giuridicamente protetto);
- un nesso di causalità tra la prima e il secondo.
Pensiamo all’esecuzione ritardata di esami diagnostici in grado di inquadrare correttamente sintomi aspecifici oppure al ritardo col quale si è eseguito un intervento ritenuto urgente.
Tuttavia, la responsabilità del medico – e dunque, del chirurgo – è attenuata dall’art. 2236 c.c., secondo cui
se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista risponde soltanto se versa in colpa grave.
Tale norma è però ritenuta inapplicabile nel caso di:
- interventi di routine o di facile esecuzione;
- di colpa per imprudenza o per negligenza.
In linea generale, il danno che può richiedere il paziente al medico dal quale è stato malamente curato si compone del pregiudizio non patrimoniale (inclusivo del danno biologico o alla salute) e del danno patrimoniale (spese di cura ed eventuale riduzione della capacità di guadagno).
L’obbligo di informazione del paziente
La colpa civile del chirurgo può sorgere non solo dalla violazione della legge e dall’applicazione sbagliata delle regole tecniche elaborate dalla comunità scientifiche per diagnosi e terapie, ma anche dalla violazione dell’obbligo di informare il paziente in merito ai rischi, ai vantaggi e alle alternative dell’intervento.
L’informazione fornita deve essere completa e dettagliata per permettere al paziente di valutare ogni rischio e alternativa. Perciò deve comprendere:
- la natura dell’intervento o dell’esame (se sia cioè distruttivo, invasivo, doloroso, farmacologico strumentale, manuale, ecc.);
- la portata e l’estensione dell’intervento o dell’esame (quali parti del corpo interessa);
- i rischi che comporta, anche se ridotti (effetti collaterali, indebolimento di altri sensi od organi, ecc.);
- la percentuale verosimile di successo;
- la possibilità di conseguire il medesimo risultato attraverso altri interventi e i rischi di questi ultimi;
- le eventuali inadeguatezze della struttura dove l’intervento dovrà essere eseguito.
Il consenso, inoltre, deve essere continuato: va infatti richiesto e riformulato per ogni singolo atto terapeutico o diagnostico.
Pertanto, in assenza di un consenso informato e continuativo l’attività chirurgica costituisce un atto illecito (reato di lesioni penali dolose) per cui il medico deve rispondere di tutte le conseguenze negative.
In merito, il consenso all’attività medica deve essere dato da un soggetto capace di intendere e di volere. Tuttavia in una situazione di emergenza dove l’ammalato non può esprimere il consenso il medico è legittimato dalla finalità terapeutica, necessaria a evitare un danno grave alla salute o alla vita del paziente stesso.
La responsabilità penale del chirurgo
L’errore d’un chirurgo, a livello teorico, può integrare gli estremi di varie fattispecie criminose: le lesioni colpose, l’omicidio colposo, la violenza privata.
Si parla di reato di lesione personale dolosa in relazione alla condotta del medico che abbia sottoposto, con esito infausto, il paziente ad un trattamento chirurgico al quale quest’ultimo abbia espresso il proprio dissenso.
Si tratta, invece, del delitto di omicidio preterintenzionale nel caso in cui il chirurgo sottoponga il paziente a un intervento dal quale consegue la morte del paziente in assenza di finalità terapeutiche e agendo per scopi estranei, non accettati dal paziente.
Il chirurgo risponderà però di omicidio colposo nel caso in cui la morte del paziente sia riconducibile alla violazione di una regola cautelare. La maggioranza dei casi di responsabilità in ambito sanitario è fondata proprio sulla colpa generica e, quindi, sulla violazione dei doveri non scritti di diligenza, prudenza e perizia.
La responsabilità dell’equipe medica
L’attività medico-chirurgica coinvolge quasi sempre la partecipazione di più professionisti, che compiono una prestazione che si combina funzionalmente con quella degli altri per raggiungere un risultato comune.
Il concetto di attività medico-chirurgica in equipe comprende non solo un gruppo di sanitari che opera nel medesimo contesto spazio-temporale, ma una pluralità di soggetti che prendono parte all’attività curativa, anche se in tempi diversi.
Ogni componente dell’equipe deve perciò cooperare per la perfetta riuscita dell’intervento, sia che eserciti una funzione in posizione gerarchicamente sovraordinata o sottordinata, sia che svolga la propria attività in un diverso ambito di specializzazione.
In questo caso, ciascuno dei soggetti risponde di un evento illecito non solo per l’inosservanza delle regole di diligenza, prudenza e perizia connesse alle specifiche ed effettive mansioni svolte, ma anche per non essersi fatto carico dei rischi connessi agli errori commessi nelle fasi antecedenti.
Avv. Ignazio Ballai