Negli articoli precedenti abbiamo visto la responsabilità civile e penale del chirurgo.
La colpa consiste infatti nel tenere una condotta diversa da quella che, per legge o per comune prudenza, si sarebbe dovuta tenere.
In particolare, è in colpa chi non ha tenuto una condotta diligente, ovvero un comportamento che riguarda il rispetto di tutte le regole e impone al medico la corretta esecuzione della prestazione sanitaria e delle attività accessorie (come l’obbligo di sorveglianza sulla salute del soggetto operato anche nella fase post-operatoria).
Pensiamo all’esecuzione ritardata di esami diagnostici in grado di inquadrare correttamente sintomi aspecifici oppure al ritardo col quale si è eseguito un intervento ritenuto urgente.
La responsabilità del chirurgo è però attenuata dall’art. 2236 c.c., secondo cui:
se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il professionista risponde soltanto se versa in colpa grave.
Vediamo meglio quando il chirurgo non è condannabile!
Quando il chirurgo non è condannabile
Dalla sentenza del 20 settembre 2021, n. 34629 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione, è emerso infatti che non è possibile condannare il chirurgo senza indicare le linee guida alle quali si sarebbe dovuto ispirare e il comportamento esigibile dal sanitario.
In altre parole, per condannare il chirurgo è necessario indicare quali linee guida ha violato. Il giudice deve dunque verificare se il sanitario si è discostato dalle best practice e, in caso positivo, specificare il grado della colpa.
Per capire meglio, vediamo il fatto e la decisione presa dal giudice.
Il fatto
Il caso vedeva un paziente affetto da patologie cardiache, ricoverato per l’esecuzione di un intervento di emicolectomia sinistra.
Lo stesso giorno è stato sottoposto a ecografia addominale in cui si è evidenziata la presenza di noduli ai reni.
Il giorno seguente il paziente è stato sottoposto all’intervento chirurgico programmato e, nel corso dell’intervento, erano state compiute manovre di palpazione e mobilizzazione del rene sinistro per osservare le lesioni evidenziate dall’ecografia, producendo così una grave emorragia.
Il paziente è stato immediatamente sottoposto a trasfusione e a intervento di asportazione del rene sinistro, purtroppo del tutto inutilmente in quanto, dopo poco tempo, è deceduto.
La decisione
Il giudice ha così dovuto verificare se il caso concreto sia stato regolato dalle linee guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, dovendo specificare la natura della colpa spiegando se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata dalle regole sopra indicate.
L’introduzione della valutazione dell’operato del sanitario con riferimento alle linee-guida e alle buone pratiche clinico-assistenziali ha sicuramente modificato i termini del giudizio penale imponendo al giudice anche una indagine che accerti quello che sarebbe stato il comportamento alternativo corretto che ci si doveva attendere dal professionista.
Nella fattispecie i giudici del merito hanno trascurato siffatta indagine, con conseguente carenza di motivazione della sentenza impugnata, risultando correttamente indicato quale motivo di censura l’omesso confronto tra tesi contrapposte sulla causalità materiale dell’evento.
In altre parole, il giudice di merito avrebbe dovuto accertare la sussistenza di una soluzione sufficientemente affidabile, in grado di fornire concrete, significative e attendibili informazioni idonee a sorreggere l’argomentazione probatoria inerente allo specifico caso esaminato, dovendo, in contrario, disporre una perizia ovvero pervenire a un giudizio di non superamento del ragionevole dubbio (Cass. pen., Sez. IV, 10 marzo 2016, n. 5493).
Avv. Ignazio Ballai