Un dipendente, un marito, una moglie oppure un alunno: sono tante e diverse le persone che potrebbero decidere di registrare una conversazione.
Tuttavia, ad avere un peso importante sono la motivazione e la tipologia della registrazione: ovvero, perché si registra una conversazione all’insaputa dei presenti?
Se lo scopo è quello di diffondere l’audio per diffamare chi parla, si può andare incontro a una incriminazione penale. Se però si agisce per difendere i propri diritti potrebbe essere lecita, ma solamente, se vengono rispettate determinate condizioni.
Vediamo meglio se e quando è reato registrare una conversazione.
Quando è lecito registrare una conservazione?
In generale, è lecito registrare una conversazione di nascosto. Come ha chiarito più volte la Cassazione, infatti, chi parla in presenza di altre persone accetta il rischio di essere registrato.
Chiunque dunque potrebbe utilizzare l’applicazione del proprio cellulare per immortalare ciò che dicono i propri amici, anche nell’assoluta inconsapevolezza di questi. E lo stesso vale anche per una registrazione video o telefonica.
Riassumendo, registrare di nascosto una conversazione non è reato solo se si rispettano determinate condizioni:
- chi registra deve essere presente al momento della conversazione;
- non è possibile registrare la conversazione nell’altrui dimora o nei luoghi ad essa equiparati come un ufficio privato o studio professionale, il retrobottega di un negozio oppure l’automobile altrui.
Utilizzare una registrazione nel processo penale
Pensiamo alla vittima di una minaccia che registra le intimidazioni subìte per presentarle alla polizia oppure al creditore che, non riuscendo a procurarsi la prova di un prestito fatto a un amico, solleciti in questo una confessione per poi presentare il relativo audio al giudice e ottenere una sentenza di condanna.
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La Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con sentenza n. 36747/2003 ha fornito una chiara dicitura su come qualificare la registrazione di una conversazione e ha stabilito i presupposti della sua utilizzabilità.
Ha sottolineato, infatti, che la previsione del consenso del titolare dei dati subisce “deroghe ed eccezioni quando si tratti di far valere in giudizio il diritto di difesa”.
Chiarito che la registrazione è legittimamente utilizzabile in giudizio quale prova documentale, parimenti non può dirsi della diffusione della medesima.
La conversazione può diventare a tutti gli effetti una prova documentale, acquisibile nel corso del procedimento penale attraverso il meccanismo di cui all’art. 234 c.p.p., che qualifica come documento tutto ciò che rappresenta fatti persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
Quindi la registrazione è legittimamente utilizzabile in giudizio quale prova documentale. Tuttavia non è una prova legale, cioè non obbliga il giudice a decidere per come si presenta il contenuto audio. Bisogna, infatti, verificare se l’avversario riesce a contestare l’attendibilità della registrazione: si pensi a quando non c’è certezza della data in cui la stessa è stata effettuata o quando i suoni sono poco chiari.
Quando è illecito registrare una conservazione?
Una cosa è l’atto in sé di registrare, un’altra è invece l’utilizzo del file.
Come affermato dalla Corte di Cassazione, la divulgazione di quanto registrato è possibile solamente se volta a far valere un proprio diritto.
L’audio registrato non può, quindi, poi essere divulgato a terzi o pubblicato su un social network: in questo caso, si commetterebbe una violazione dell’altrui privacy, specie se la comunicazione ha un contenuto riservato come una confidenza sul proprio stato di salute, sulle proprie abitudini sessuali, sul proprio orientamento politico o sindacale e così via.
Qualora invece il soggetto che registra la conversazione non sia parte della stessa, non essendo presente o non essendo autorizzato alla partecipazione, si tratterebbe di un soggetto terzo alla conversazione. In questo caso, non si tratterebbe più di una mera registrazione ma di un’intercettazione, che necessita invece di apposita autorizzazione, ed in mancanza deve considerarsi attività non lecita, e costituisce reato.
Vediamo ora ogni singola possibilità.
Il dipendente può registrare il proprio capo?
La legge consente al dipendente di registrare le conversazioni con capi o colleghi di lavoro senza il consenso degli interessati se agisce per tutelare il proprio diritto di difesa dinanzi al giudice.
Tuttavia, il dipendente non potrebbe divulgare la notizia della registrazione creando scompiglio e alacrità con i propri colleghi.
Si può registrare la conversazione con il coniuge?
Anche in questo caso la condizione per potersi avvalere del file è di non diffonderlo se non durante il processo affinché il giudice ne valuti il contenuto. Pensiamo a quando un coniuge ammette, dinanzi all’altro, le proprie colpe in violazione del matrimonio: un tradimento, la volontà di non avere figli, un morboso attaccamento alla madre e così via.
Resta comunque vietato lasciare un registratore acceso prima di uscire per registrare ciò che il coniuge dice o fa in propria assenza. Ricordiamo, infatti, che uno dei requisiti perché risulti lecita è la presenza di chi si occupa della registrazione.
Un alunno può registrare un’interrogazione o una lezione?
Anche l’alunno può registrare l’interrogazione, se ciò è necessario per svelare la falsità del giudizio del docente. Si pensi a un universitario che non riesca puntualmente a passare l’esame perché vittima di un accanimento del docente.
Per quanto riguarda la registrazione delle lezioni e i profili della privacy, non ci può essere alcuna lesione della riservatezza del docente nel registrare la sua lezione sempre che la stessa avvenga alla presenza dell’alunno.
Ricordiamo però che la registrazione non può essere fatta a fini di lucro oppure diffusa e pubblicata online o condivisa in chat per offendere o deridere il docente e per altri biasimevoli motivi.
Avv. Ignazio Ballai